L'incendio maggiormente citato dagli storici antichi fu quello di origine dolosa che divampò a Roma nell'area del Palatino ed estesosi anche al Colosseo avvenuto nel 64 dopo Cristo.
Di tale avvenimento ne parla Tacito nei suoi Annali, Plinio nella sua Storia Naturale e Svetonio nel suo resoconto sulla Vita dei Cesari.
Tutti rammentano che Nerone ritenuto se non l'artefice, ma forse il mandante di tale evento, per far cessare le dicerie del popolo romano dovette trovare dei capri espiatori: i cristiani.
Roma in cenere
Corre l'anno 64 d.c.
L'imperatore di Roma, Nerone, è fuori città: sta trascorrendo i mesi estivi presso la stazione termale di Anzio. Non prevede che il suo soggiorno sarà breve: un evento catastrofico sta per abbattersi su Roma. La notte tra il 19 e il 20 luglio il Circo Massimo s'incendia all'improvviso. La zona tra Celio e Palatino pullula di botteghe in legno, piene di mercanzie combustibili; terreno fertile per il fuoco, che, complice il vento, avanza come un mare compatto e invalicabile.
Dapprima l'incendio divampa al piano, sale poi devastante ai colli per ridiscendere al basso, impedita ogni difesa e dalla rapidità delle fiamme e dalle strade strette e tortuose specie in quartieri irregolari, come c'erano allora nella vecchia Roma.
Queste le parole di uno scrittore medievale per descrivere l'ondata incandescente che investe Roma fino al 28 Luglio. Dieci giorni... di fuoco!
La megalopoli contro il megalomane
Giunto a Roma, Nerone si trova davanti uno scenario drammatico: delle 14 regioni augustee:
Le Regioni di Roma interessate dall'incendio del 64 d.c.
La Domus Transitoria, dimora imperiale che congiungeva l'ex Palazzo di Tiberio sul Palatino con i giardini di Mecenate sull'Esquilino, è ridotta in cenere.
Imprecisato il numero di morti, specialmente nell'intrico di strade e vicoli dei quartieri umili, avvolti dal fuoco e difficili da raggiungere per il crollo delle strutture murarie in legno. Più della metà dei romani perde casa e lavoro: la disperazione regna sovrana.
Ma per Nerone c'è di peggio: il popolo, che pochi giorni prima lo applaudiva ossequioso, ora gli si rivolta contro rabbioso e lo accusa d'essere il vero responsabile dell'incendio.
Si delinea uno scontro tra due titani: la megalopoli da una parte; il megalomane dall'altra.
Sicuramente l'egocentrismo esasperato e paranoico dell'imperatore, da sempre evidente e sotto gli occhi di tutti, non aiuta a riscuotere consensi nel momento di bisogno.
Ma è stato Nerone l'artefice del disastroso evento?
E perchè il popolo lo accusa?
Due indizi di colpevolezza
Nerone comprende le difficoltà della plebe e cerca di correre ai ripari: apre agli sfollati il Campo Marzio, gli edifici di Agrippa e i giardini imperiali.
Non solo.
Lui stesso si adopera per costruire edifici provvisori d'accoglienza e per distribuire ogni genere di alimenti, venduti anche in seguito a bassissimo prezzo.
Ma le buone intenzioni non sono sufficienti.
Tacito, storico d'epoca poco posteriore, sottolinea come: "L'infame opinione che l'incendio fosse stato comandato dall'imperatore restò ben radicata".
Altri storici antichi, testimoni non sempre obiettivi delle opinioni del tempo, danno un giudizio unanime di colpevolezza.
Perchè tanto accanimento?
Come ho già accennato, l'imperatore soffre di un evidente delirium magnitudinis, forma di megalomania che non lo rende certo simpatico; a questo lato caratteriale che rasenta la follia, si aggiungono due indizi di colpevolezza:
1. il desiderio, più volte espresso, di fondare una nuova Roma e di chiamarla Neropoli
2. l'acquisto, pochi mesi prima dell'incendio e a basso costo, di una vastissima area tra Esquilino e Palatino (sulla quale si estenderà parte della Domus Aurea).
Tanta "carne" da mettere al fuoco per sfamare i più pettegoli.
Ma torniamo agli storici antichi.
Che ne pensano?
Dice Svetonio:
Disgustato dalla bruttezza dei vecchi edifici e dalle strade tutte strettoie e curve, [Nerone] dette fuoco alla città (...) aveva perfino progettato di costruire una nuova Roma e di chiamarla Neropoli.
Della stessa opinione è Cassio Dione:
Nerone sentì il desiderio di realizzare quello che aveva sempre sperato e cioè mandare in rovina l'intera città fintanto che era in vita (...) Perciò incaricò segretamente alcuni uomini che, comportandosi come se fossero ubriachi, appiccarono focolai d'incendio in più parti di Roma.
Dulcis in fundo, la conferma del già citato Tacito:
Nerone sfruttò il disastro cittadino per costruirsi una sontuosa dimora, dove non tanto erano da ammirare gemme ed ori (ricchezza divenuta perfino banale per uno che si chiamava Nerone), quanto terreni coltivati e laghi, parchi con foreste, spazi e prospettive: opera dei fantasiosi architetti Severo e Celere, la cui geniale arditezza si sbizzarriva nel realizzare con l'arte ciò che non offriva la natura e nell'allegro sperpero delle ricchezze del principe.
Incendi 217 e 250 dopo Cristo
Nel 217, un incendio, innescato presumibilmente da un fulmine, fece crollare le strutture superiori; i lavori di restauro fecero chiudere il Colosseo per ben cinque anni, dal 217 al 222; in questo periodo i giochi si trasferirono al Circo Massimo. I lavori di restauro furono iniziati sotto Eliogabalo (218-222) e portati avanti da Alessandro Severo, il quale rifece il colonnato sulla summa cavea. L'edificio fu riaperto nel 222, ma solo sotto Gordiano III i lavori poterono dirsi conclusi. Un altro incendio causato da un fulmine fu all'origine dei lavori di riparazione ordinati dall'imperatore Decio nel 250.
Incendio ai giorni nostri
Il monumento è stato preso di mira da una giovane danese da un argentino per sedare la loro insana passione: creare incendi. Hanno già maturato una certa esperienza in materia avendo incendiato non molto tempo fa il museo di arte contemporanea ARoS a Copenhagen, e non si sono fernati neanche davanti alla cattedrale di Copenhagen, infatti hanno incendiato anche la Vor Frue Kirke. Ma le atmosfere nordiche scarsamente popolate non era più sufficiente e allora hanno continuato l'opera incendiando edifici di vario genere a Berlino poi a Francoforte e ancora a Kiev e giunto il mese di settembre sono arrivati a Roma con un chiodo fisso: incendiare il Colosseo, o almeno una parte di esso. Ce l'hanno fatta ! Chi si è trovato nella notte tra il 17 e il 19 settembre 2010 nei pressi del noto monumento è rimasto a bocca aperta per lo spettacolo offerto dalle fiamme innescate dai due geniali piromani che hanno dichiarato di avere grandi progetti: bruciare l'Altare della Patria, il Pantheon.
Fonti:
http://laziosegreto.blogspot.it